Illustrazione di Rebecca Leo – 4S Liceo Artistico Klee Barabino

 

Incroci

 

Percorrere Via Fieschi in salita è sempre una tortura.

Se poi il sole punta dritto sul tuo caschetto verde neanche ce l’avesse con te, è un massacro.

Aggiungiamoci pure il fatto che sei in ritardo tremendo sulla consegna.

Il disastro perfetto.

I bassi della sua playlist Punk rap di Spotify battono il ritmo della pedalata di Umberto.

L’unica nota positiva è che i local devono essersi uniti ai foresti perché da ambo le parti il viale è praticamente deserto.

Umberto chiude gli occhi, il pensiero al pomeriggio, due colpi al sacco giusto per non dimenticare che oltre alle gambe ha anche due braccia, la birra ghiacciata subito dopo in barba a ogni materna raccomandazione e poi… li avrò comprati i preservativi?

Scrolla la testa mentre si immagina a valicare i Pirenei in sella alla sua bicicletta che nemmeno Pantani sul Mortirolo.

Solo che lui non è il Pirata, ma El Raptor.

Sorride.

Si distrae.

In un attimo El Raptor è gambe all’aria.

Qualcuno in piedi davanti a lui gli sbraita qualcosa, mentre lui si appoggia sui gomiti e tenta di tirarsi su.

Non sente dolore, meno male.

In realtà non capisce neanche cosa gli sta urlando il in piedi tizio davanti a lui mentre, la portiera ancora ammaccata, risale in macchina e sfreccia via… mi raccomando, quando sei in centro abbassa la musica della cassa, ché rischi di non sentire i clacson… può sentirlo Ivan che rimbrotta neanche ce l’avesse lì.

– Stia tranquillo, giovanotto, ché l’ho visto anche io quel disgraziato… è passato con il rosso – sussurra una vecchina comparsa da chissà dove con un bassottino nero che, nel frattempo, ha pensato bene di alleviare il suo dolore con una leggera ma precisa minzione diretta ai suoi calzini neri.

Umberto si tira su di scatto più per evitare che il cane prosegua nei suoi bisogni che per altro.

-Grazie signora, ma l’ha visto… è andato via. Ha mica visto la targa?

Per tutta risposta la vecchina gli regala un sorriso che mette in mostra tutta la sua dentatura artificiale, molla uno strattone al cane e va via.

Umberto si guarda, sembra tutto a posto.

Tira su la bici dal sellino, prova a dare un colpo al pedale.

No, la catena no…

La consegna.

Apre Maps sul cellulare… magari a piedi ci arrivo… ma Google spegne all’istante ogni sua velleità.

Con la rassegnazione di chi ormai ha capito che quella non è la sua giornata, Umberto si appoggia ad una colonna antistante Piazza Carignano, indeciso se chiamare prima Ivan o Giorgia per avvisarli della consegna ormai saltata.

Il livello di ansia è più o meno quello di un boxeur dilettante al quale viene chiesto di fare da sparring partner a Tyson: probabilità di uscirne indenni prossime allo zero.

-Mi scusi.

Il ragazzo sobbalza e si volta in direzione della voce.

-Scusi, lei è… Umberto?

-Sì… – risponde l’altro, interdetto -… ci conosciamo?

Il cinquantenne davanti a lui mette sul cavalletto il suo monopattino elettrico e si toglie gli occhiali da sole.

– Non mi riconosce?

El Raptor scorre alla velocità della luce i files nella sua memoria per cercare di associare i tratti di quel volto con quelli di qualche sua conquista estiva; i tratti del padre affettuoso, e geloso, ci sono, e quel monopattino potrebbe essere truccato, magari fa i novanta all’ora…

-Non si ricorda di me, vero? E se le dicessi una parola… la giacca a scacchi…

Era successo un anno prima, qualche mattina prima di Natale.

Una telefonata presa da Giorgia in ufficio, in un giorno di pioggia.

-Sì, è che oggi diluvia, hanno dato allerta rossa…non so se… sì capisco, ma non si può proprio rinviare? Magari intanto smette…ah, no…è urgente…ok, ok, ho capito.

Intanto Umberto si era infilato il giubbotto e stava per accendersi la sigaretta di fine turno, ma Giorgia l’aveva chiamato dentro.

-Umbe, consegna urgente al Gaslini.

-Al Gaslini? E cosa devo portare?

-Una giacca.

-Una giacca? Con questa pioggia? Ma non possiamo aspettare? Ho pure finito da due minuti il turno, tra poco arriva Gabri, magari nel frattempo molla un po’, guarda, a momenti grandina…

-Niente, consegna super express. Devi passare dalla tintoria di Piazza della Vittoria, ritirare una giacca e portarla  all’ingresso del Gaslini. È già tutto pagato. Non so che dirti… – e gli aveva passato casco e lock.

El Raptor aveva inforcato la bici e si era lanciato sotto la pioggia senza neanche indossare la mantellina protettiva.

Aveva dovuto appellarsi a tutte le sue capacità di courier più di una volta per non finire a terra, ma era riuscito ad arrivare alla tintoria, ritirare la giacca e portarla fino all’ingresso del Gaslini, il tutto con una pioggia così fitta da sembrare un muro di aghi gelidi.

-Lei… è il signore con il naso rosso?

Il cinquantenne scoppia a ridere mentre si avvicina a Umberto e gli porge il suo monopattino.

-Sì, ma solo nel privato. Di solito faccio l’assicuratore. La ricordo bene quella mattina. Sei arrivato fradicio, tremante, ma con il sorriso, la mia giacca da clown era intonsa sotto il telo trasparente, e hai pure rifiutato la mancia.

-Veramente è che avevo freddo e fretta di andare sotto una doccia bollente…

-Va beh, poco importa. Tu quel mattino hai fatto un gesto meraviglioso. Hai fatto felice più di qualcuno…

Lo sguardo interrogativo del ragazzo è un invito a continuare.

-Vedi, io faccio il clown di corsia, l’avrai capito dal tono sobrio della giacca che hai trasportato. Quella mattina avevo uno spettacolo per i bambini che… sì, hai capito dai …insomma, per fartela breve, io quella mattina mi son svegliato tardi, ho dimenticato di ritirare la giacca in tintoria e quella mattina, proprio quella mattina non potevo non essere perfetto per il mio spettacolo. Quindi ora tu prendi questo monopattino e vai a fare la tua consegna, o tutte le consegne che devi fare oggi. Qui c’è il mio cellulare, chiamami quando hai finito.

Umberto fa per replicare mentre l’altro gli volta le spalle e, con un cenno della mano, lo saluta invitandolo ad andare.

Il ronzio del monopattino non copre la vibrazione del cellulare del ragazzo che legge il messaggio di Ivan dal suo smartwatch

-Ti hanno visto gambe all’aria in Piazza Carignano… scommetto che avevi la musica a palla, eh?

Pronta la risposta vocale:

-Don’t worry Boss, era solo per fare un po’ di spettacolo… dieci minuti e termino la consegna!

El Raptor sorride come mai avrebbe immaginato di fare quel giorno.